ALLELUJA, CRISTO NOSTRA PASQUA È RISORTO, ALLELUJA!

marzo 31, 2024 1 commento

[LADOMENICA - 32]  LADOMENICA/PAGINE ... 1 - 04/01/24

«Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti» dal vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, vv. 1-9

“Voi tutti che annunziate “la morte di Dio”, che cercate di estromettere Dio dal mondo umano, sostate e pensate che “la morte di Dio” può portare in sé fatalmente anche la “morte dell’uomo”! Cristo è risorto perché l’uomo trovi l’autentico significato dell’esistenza, perché l’uomo viva con pienezza la propria vita: perché l’uomo, che viene da Dio, viva in Dio” San Giovanni Paolo II

“Noi siamo il popolo della Pasqua e Alleluia è la nostra canzone!” San Giovanni Paolo II

 

Non è qui, è risorto” è questo l’annuncio della Pasqua che ci viene dal Vangelo di Marco così, infatti, annuncia l’angelo alle donne venute il mattino di Pasqua per imbalsamare il corpo di Gesù.

Nel suo stringato annuncio l’evangelista Giovanni ci dona la straordinaria bellezza e la formidabile notizia che ha cambiato la storia e il mondo: Cristo è Risorto.

Provo, in questa Pasqua 2024, a cogliere con voi qualche spunto che ci aiuti a vivere nella gioia e nella festa la risurrezione del Signore Gesù.

Prima di tutto quello della Pasqua è un annuncio che racchiude in sé tutta la forza e la grandezza della bontà e della potenza del Signore. La Pasqua, infatti, non è tanto da spiegare, è da accogliere e da accogliere nella fede. La fede che ci dice che Gesù il Crocifisso è Risorto e ora è il vivente e questo annuncio è solo da credere per fede e nella fede. L’atteggiamento primo di fronte alla risurrezione di Cristo è dunque quello di chiedere nella preghiera: “Signore, rafforza, consolida, rendi salda la mia fede”. Rimanere lì estasiati e lasciarci illuminare, anzi farci invadere dallo splendore della luce luminosa e misteriosa della bontà di Dio, lui infatti ha fatto risorgere il Cristo per la nostra salvezza.

La seconda verità che ci dona la Pasqua è che senza la risurrezione la nostra esistenza rimane senza mèta. Presi come siamo dalla frenesia del correre nell’impegno del fare non abbiamo tempo per fermarci e chiederci ma dove stiamo andando, qual è la mèta di tutta la mia fretta in questa vita? Ecco la risurrezione di Cristo è mèta, pegno e promessa della nostra vita. È verso la risurrezione che la nostra vita è diretta consapevole o no, è lì che andrà a concludersi la nostra esistenza, tenere ben in mente la mèta della nostra vita è fondamentale per le scelte, le direzioni, le motivazioni che vogliamo dare alla nostra vita, da qui dipende la sua pienezza e bellezza.

C’è una terza verità sulla quale mi preme insistere, la Pasqua oltre che essere una festa fondamentale della vita cristiana, anzi la festa delle feste perché è alla base della fede cristiana, è prima di tutto un incontro, l’incontro che noi siamo chiamati a fare con il Signore Risorto, perché se non incontriamo lui la Pasqua non ha alcun significato e noi abbiamo creduto e sperato invano. Nel Vangelo di Giovanni Gesù si rivolge ai discepoli che gli hanno chiesto dove vuole che gli venga preparata la Pasqua e Gesù dice andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: il tempo è vicino; farò la Pasqua da te.” Quel tale siamo ciascuno di noi e quell’invito è rivolto a ciascuno di noi, siamo noi ai quali Gesù chiede di  prepararci perché deve venire a celebrare la Pasqua da noi. Siamo invitati dunque ad accogliere nella casa della nostra vita il Signore Risorto per condividere con lui la vita nuova della grazia e dell’amore.

L’augurio in cuncuardiese: “Tra e bruture che sen ciamadi a vivi, ciaminen co a speransa e a fiducia inquintra al Signor dea Pasqua. Grampemose co a fiducia e a speranza a a bea notissia che ancia sto an riva a Pasqua, ancia sto an podaren ciantà ’Alleluia’ cuntra tute e robe brute che sen stadi boni de cumbinà. Resten insieme, resten visini trade noi, voemose ben e iutemose contenti, ricordemose che sen tuti fradei e soree e remen tuti insieme con forza a batea dea comunità pa indi fuora dal grop de tristessa e de delusion chel ne sera el stomego. Sen sicuri, el Signor l’è con noi e nol ne lasa mai da soi. Coraio ne a fede del Signor Risorto lui l’e sempre in medo a noi. A tuti, ma proprio a tuti, ma ai più debuil, a che i se sint soi l’augurio pì bel de tuti de:

Buona Pasqua nel Signore Risorto.

don Natale

fonte: “Canta e Cammina”, foglietto settimanale dell’unità pastorale di Concordia, Sindacale e Teson

 

Categorie:Pasqua

Amore senza fine

marzo 29, 2024 Lascia un commento

[LADOMENICA - 38]  LADOMENICA/PAGINE ... 1 - 04/01/24

 

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi, capitolo 2, vv. 5-8

«Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» dalla Lettera di San Paolo ai Romani, capitolo 5, v. 8

 

Nella lingua inglese, Venerdì Santo si traduce in Good Friday ovvero buon Venerdì. E se ci pensiamo è proprio così: in questo giorno ricordiamo la morte cruenta di Cristo sulla Croce, sacrificio che ci ha guadagnato la salvezza eterna.

Con il Suo sacrificio, Gesù ha ristabilito l’alleanza tra Dio e l’uomo che si era rotta nell’Eden.

Sulla Croce, Gesù compie la missione per cui era stato mandato.

Sulla Croce, Gesù dà nuovo valore alla sofferenza.

La Croce si trasforma: da strumento di morte diventa strumento di salvezza e di vita. 

Ti adoriamo Cristo e Ti benediciamo perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo.

 

 

Categorie:Amore, Croce

Amatevi come Io ho amato voi

marzo 28, 2024 Lascia un commento

[LADOMENICA - 40]  LADOMENICA/PAGINE ... 1 - 04/01/24

 

«Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo”. Gli disse Pietro: “Tu non mi laverai i piedi in eterno!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!”. Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti”. Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete puri”. Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: “Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”» dal vangelo secondo Giovanni, capitolo 13, vv. 1-15

 

Con il Giovedì Santo iniziamo il Triduo Pasquale.

Nella Messa della sera, chiamata “Messa nella Cena del Signore”, facciamo memoria dell’istituzione dell’Eucarestia, immenso dono che Gesù ci ha lasciato. Dono che sancisce la nuova alleanza che Dio ha instaurato con l’uomo. Dono che ci mostra l’amore immenso che Gesù ha per noi.

In questa celebrazione ripetiamo anche il gesto della lavanda dei piedi, gesto attraverso il quale Gesù ci insegna l’umiltà e la carità con cui dobbiamo servire i nostri fratelli.

Ti ringrazio Signore Gesù per il dono preziosissimo dell’Eucarestia con il quale Tu rimani sempre con noi.

Categorie:Amore, Eucarestia

Non ci ha amato per scherzo!

marzo 26, 2024 Lascia un commento

«I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava: Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!» dal vangelo secondo Matteo, capitolo 21, vv. 6-9

Con la celebrazione della Domenica delle Palme, siamo entrati nella Settimana Santa che si concluderà con il memoriale della morte, passione e risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo.

Settimana Santa perché è fondamento di tutto l’anno liturgico. 

Quest’anno è stata letta la passione secondo Marco e la partecipazione attiva alla lettura mi ha permesso di iniziare a riflettere sul sacrificio che Gesù ha compiuto per ciascuno di noi. 

Ci sono tanti personaggi che ruotano attorno alla passione di Gesù e nel corso della nostra vita noi ci siamo comportati come loro. Come Pietro tante volte facciamo finta di non essere discepoli per evitarci problemi. Come Pilato, pur sapendo qual è la verità, molto spesso agiamo in modo contrario alla verità per paura di scontrarci. Come il popolo che preferisce Barabba a Gesù, molto spesso condanniamo il fratello innocente senza pietà.

E poi c’è Gesù da cui abbiamo da imparare tantissimo. 

Possa il Signore Gesù aiutarci a vivere appieno questa settimana! 

 

Categorie:Palme

Vita di un Istriano vero

febbraio 10, 2024 Lascia un commento

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Per il Giorno del Ricordo 2024, voglio raccontarvi brevemente la storia di Francesco Tromba, un italiano d’Istria che visse sulla sua pelle la tragedia degli infoibati e degli esuli. 

Nato a Rovigno d’Istria nel 1934, nel ’43 perse il padre Giuseppe Antonio, infoibato nella foiba di Vines (Albona), detta “foiba dei colombi” e profonda 146m. Nel ’45, la madre venne arrestata perché denunciò uno dei cinque assassini del marito. Francesco si trasferì all’orfanotrofio ‘Sant’Antonio’ di Venezia, dove rimase per sette anni e otto mesi.

Nonostante il dolore per ciò che aveva subito e l’accoglienza indifferente se non ostile del popolo italiano, riuscì a crearsi una famiglia e vivere del suo lavoro di tipografo, lavoro che aveva imparato durante la permanenza in orfanotrofio. 

Tranne che per diverse situazioni o momenti, questa mia esperienza non si discosta da quella di altri innumerevoli fratelli che persero tutto: casa, lavoro, affetti familiari e persone care, ma non l’IDENTITÀ e la FEDE. Un’IDENTITÀ cui mi sono richiamato costantemente, quale espressione della coscienza di appartenere ad un popolo orgoglioso, quello istriano, che nella sua totalità non volle sottomettersi ad un’avvilente schiavitù straniera, affermando con l’Esodo il suo sacrosanto diritto di appartenere ad una Patria, la SUA PATRIA. La FEDE IN DIO, l’altro elemento che caratterizza questi miei pensieri, mi ha sorretto nei momenti difficili, confortandomi; è stata, assieme all’identità istriana, la solida base su cui ho potuto impostare tutta la mia vita. La Vita di un Istriano Vero“. Con queste parole Francesco Tromba conclude il libro autobiografico “POLA CARA, ISTRIA TERRA NOSTRA – Storia di noi Esuli Istriani”, libro voluto per lasciare una testimonianza scritta di ciò che è stato per i suoi figli, i suoi nipoti e anche per tutti noi, per non dimenticare questa tristissima pagina di storia italiana. 

 

Categorie:Foibe

La forza della vita ci sorprende

febbraio 4, 2024 Lascia un commento

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46esima Giornata Per La Vita: il messaggio della CEI

«Human Life». La vita vale sempre la pena

La vita, un dono da custodire

Era l’anno 2017 quando fui chiamato a realizzare un video pubblicitario per la “Marcia per la Vita”, che si sarebbe tenuta a Roma nel maggio del 2018. Avrei dovuto anche intervistare alcuni studenti universitari presenti al convegno “Humanae Vitae – 50 anni dopo”. Il tutto mentre stavo facendo il mio cammino di ritorno alla fede, iniziato prima del matrimonio. Non appartenevo a nessuna organizzazione “pro-life” e questo mondo era per me sconosciuto. Accettai comunque e, con il mio collega Luiz H. Marques, affrontai questa sfida. Due mesi prima del Convegno accompagnavo mia moglie a una visita ginecologica; stavamo, infatti, aspettando un figlio.

La gestazione, ci disse il medico, era in ritardo ed era molto probabile un aborto spontaneo. Nei giorni successivi, la speranza ci ha avvicinato: io e mia moglie piangemmo e pregammo insieme ma, purtroppo, non avvenne secondo le nostre aspettative; fu così che i nostri primi figli – erano due gemelli – se ne andarono in cielo ancora prima di darci le loro manine. Gli avvenimenti di quei mesi hanno ispirato la realizzazione del docufilm «Human Life» che raccogliesse storie di vita volte ad illustrare i temi veicolati da quella preziosa Enciclica che è l’Humanae Vitae di san Paolo VI. Storie come quella della pallavolista olimpionica brasiliana Ana Paula Henkel, la quale ha trovato nel papà il grande sostenitore della sua gravidanza non pianificata: «Non mi interessa quali siano le circostanze: “La vita sta bussando alla porta di casa mia e io brindo a lei”».

Oppure quella del filosofo Olavo de Carvalho, che offre un contributo importante per sanare il dubbio “giuridico-scientifico” di coloro che restano incerti nel considerare “persona” il bambino non ancora sviluppato nel grembo: al livello delle decisioni pratiche c’è un dubbio legittimo tra la scelta di «proibire o autorizzare un atto che ha il cinquanta per cento di possibilità di essere un’innocente operazione chirurgica come qualsiasi altra, o di essere, invece, un omicidio premeditato. Sotto queste condizioni, l’unica opzione moralmente giustificata è, chiaramente, quella di astenersi dal praticarla». Il film è disponibile per la visione (informazioni su www.humanlifemovie.com/it) e ha già raccolto l’interesse di molti in tutto il mondo. Oggi io e mia moglie abbiamo due figli, Davide ed Elisabetta, e attendiamo una terza figlia. Nel corso della realizzazione del film, la moglie di Luiz H. Marques scopriva di essere finalmente incinta, dopo un’attesa di 5 anni. Questi sono i misteri della Bellezza.

Gustavo Brinholi, musicista e regista

Fonte: La Domenica

Categorie:Pro Life

I simboli della vita trinitaria

gennaio 10, 2024 Lascia un commento

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In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»dal vangelo secondo Marco, capitolo 1, vv. 7-11

Il brano, come una miniatura di vangelo, racconta alcune delle verità più alte. Racconta i simboli della Trinità: una voce di padre, un figlio, una colomba. Racconta Gesù: il figlio che si fa fratello, che s’immerge solidale non tanto nel Giordano quanto nel fiume dell’umanità, che sempre scorre a rischio sul confine tra deserto e terra promessa.

Racconta di me e di ogni uomo, di ogni fratello che diventa figlio. Tu sei il figlio amato: sono io il figlio amato, ognuno è il figlio prediletto, Dio preferisce ciascuno. In questa parola risiede la sostanza di ogni battesimo: diventare figli amati, avere doppie radici piantate nel profondo della terra e nel profondo del cielo.

Il battesimo racconta poi ciò che manca a Dio. E a Dio manca questo: di essere riamato. Riamato dai liberi, splendidi, meschini, magnifici, traditori figli che noi siamo. Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato e ti affido al rischio di essere se stesso, figlio che cercherà di diventare fratello.

Dicono Matteo e Luca che al battesimo di Cristo si aprì il cielo e Marco con un’espressione ancora più forte dice: Sì lacerò il cielo, si squarciò, si spezzò. È il sogno dei profeti, la visione di Isaia: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63, 19). Noi siamo figli di un cielo lacerato, dice Marco, lacerato per amore.

Il mondo nuovo, la nuova creazione si presentano come un’apertura del cielo: vita ne entra, vita ne esce. Il cielo accoglie, come quando si aprono le braccia agli amici, ai figli, ai poveri. Il cielo si apre, si dilata, si squarcia, come il costato di Cristo, sotto l’urgenza dell’amore di Dio, sotto l’impazienza di Adamo, sotto l’assedio dei poveri e nessuno lo richiuderà più.

Se è vero che il nostro battesimo continua quello di Gesù, aprire il cielo resta anche la nostra vocazione. Aprire spazi di cielo sereno. Abitare la terra con quella parte di cielo che la compone. Ricordarlo al cuore distratto. «Mescolare in giuste proporzioni finito e infinito» (Platone): ed è il segreto della vita bella.

Aprire spazi di cielo sereno significa aprire speranza come si apre una porta chiusa; significa, come i profeti, farci sovrastare dalle vie di Dio e dai suoi pensieri; e poi forzare il cielo perché si affacci dall’alto la giustizia; forzare la terra perché, almeno in me e attorno a me, giustizia e pace si abbraccino.

Da questo cielo aperto viene, come colomba, la vita stessa di Dio, il suo respiro. Si posa su di te, entra dentro di te, ti avvolge, a poco a poco ti modella, ti trasforma pensieri, affetti, progetti, speranze secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore: mistero che ci avvolge e in noi si svolge, per fare poi le cose che Dio solo sa fare, aprire ai fratelli spazi di cielo sereno.

Fonte: “Avvento e Natale 2023/2024. Sussidio liturgico pastorale

Categorie:Trinità

Cercatori di stelle e cercatori di parole

gennaio 6, 2024 Lascia un commento

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Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella  e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” dal vangelo secondo Matteo, cap. 2, vv. 1-12

A quella vista palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, dice Isaia. Epifania è la festa del cuore dilatato. È una gioia pensare oggi che Dio è di tutti. I Magi erano dei pagani, venivano da un Oriente misterioso, patria delle religioni più diverse, culla della vita. Vengono a dire che Dio appartiene a tutta l’umanità e che lo cercano l’intelligenza e il cuore di ogni uomo, la sapienza e la cultura di ogni popolo.

È il Dio di chi crede e di chi non ce la fa a credere, dei cristiani e degli islamici, di chi è regolarmente sposato e di chi ha subito la lacerazione dell’amore, di chi è solo e di chi vive insieme a un amato, di me e di chi non è della mia parte politica. È il Dio di tutti e per tutti fa sorgere una stella, per chiunque lo cerchi con cuore sincero.

I Magi vedono molte cose in quella stella. È una stella con molte stelle dentro, un bambino, un re, un Dio: Siamo venuti ad adorarlo. Ecco il desiderio di Dio. Dio ha desiderio che noi abbiamo desiderio di lui. Dio non è un dovere, è un desiderio. Per questo i Magi viaggiano per anni, «fissando gli abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore» (David Maria Turoldo).

Il vangelo contrappone il libero viaggio e la cerchia murata di Gerusalemme, i cercatori di stelle e i cercatori di parole, gli scribi che sanno di tutto, ma che si muovono solo per andare a corte a sfoggio di cultura. Per loro Dio non è una passione in grado di farli partire.

I Magi invece hanno poche conoscenze, ma potenti desideri. E mentre gli scribi offrono citazioni, essi portano doni. Ma il dono più bello, il più grande, è il loro stesso viaggio lungo due anni, è il loro lungo desiderio. Questo è il grande dono che anche noi possiamo offrire a Dio, la fame e la sete di lui. Della nostra sete Dio ha sete.

Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti… Ma per noi oggi quella stella dov’è? Giovanni nel prologo afferma: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini». Cristo è il luogo della vita, e la vita è la stella degli uomini. Quella vita in abbondanza che è venuto a portare a ogni uomo indica la rotta.

Allora seguirò le lacrime e le domande di aiuto di ogni vivente; seguirò gli abissi di dolore e i miracoli della carità di oggi; e poi seguirò le ricerche spirituali, culturali, artistiche dell’uomo contemporaneo, le sue conquiste scientifiche e sociali; seguirò, mi appassionerò alla storia dell’uomo, tutta.

Poi valuterò e manterrò ciò che è buono, vedendovi la vera stella cometa che accende ancora i nostri cieli.

L’uomo è la stella. E allora palpiterà e si dilaterà il tuo cuore. Se non ti apri all’uomo non vedrai nessuna stella.

Dio non è il Dio degli scribi, ma della carne che spera, ama, soffre. C’è più verità in un solo grido di dolore che in interi trattati di filosofia. Perché Dio è la fiamma delle cose, l’anima della storia, stella in fondo al cuore. Di tutti.

Fonte: “Avvento e Natale 2023/2024. Sussidio liturgico pastorale

Categorie:Epifania

Il riflesso del volto tenero e misericordioso di Dio

gennaio 1, 2024 Lascia un commento

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Dal 1968, per decisione di san Paolo VI, ogni anno nuovo si apre nel nome di Maria «Madre di Dio» in una giornata dedicata alla preghiera per la pace. Gesù, che è la nostra Pace, come scrive san Paolo (Ef 2, 113), è venuto nel mondo grazie a Maria, Madre di Dio, e si è fatto uomo. L’odierna festa ci conduce a Efeso, in Turchia, dove era la casa di Giovanni evangelista, il quale prese con sé Maria, perché Gesù morente li aveva l’uno all’altra affidati come madre e figlio (Gv 19, 25-27). Fu proprio a Efeso che l’11 Ottobre del 431 si giunse a formulare il primo dogma mariano della Chiesa.

Fu l’esito di un aspro dibattito teologico tra due diverse fazioni; tra chi difendeva la dottrina che Gesù è vero Dio e vero uomo e chi, invece, sosteneva che Gesù è vero uomo, ma è Dio solo per una speciale adozione divina. Per i primi Maria è Madre di Dio (in greco Theotokos), per gli altri è solo madre dell’uomo Cristo, e quindi non madre bensì portatrice di Dio in sé (Theophoros). Da allora noi professiamo che Maria diede alla luce non un uomo, ma Dio fattosi uomo, e questo è importante per noi: se, infatti, Maria è vera Madre di Dio, tutto può sul figlio Gesù e tutto può anche per noi, divenuti suoi figli spirituali. In lei si realizza il prodigio della maternità divina, e per questo, diventa modello di fiducia per ogni donna chiamata a generare la vita. La maternità della vergine Maria, umanamente impossibile, si realizzò perché come disse l’angelo Gabriele, «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 37), e, se si nutre la stessa fiducia, si diventa pronti ad accogliere quel che Dio dona.

Parlare di maternità come dono non è facile in un tempo come il nostro, in cui si rivendica la maternità come un diritto e una conquista, con il ricorso a maternità surrogate con ogni mezzo e metodo artificiale, sino a giungere all’utero in affitto e al commercio dei gameti, prenotando un figlio quasi come un prodotto da un catalogo.

Tutto questo unito, specialmente in Occidente, a una crisi delle nascite e al sempre più frequente ricorso alle varie pratiche per impedire la nascita di figli o per ucciderli appena concepiti o nati, è il segno di una sofferenza sociale che ci provoca tutti. Piuttosto che giudicare e condannare, occorre rendersi conto che siamo nel piano di un’umanità smarrita e confusa, ma anche assetata di speranza e di consolazione. Il desiderio di maternità oltre ogni umana possibilità, non è spia di una solitudine che cerca amore e, allo stesso tempo, segno della fatica di realizzarlo?

La Chiesa vuole che un nuovo anno inizi con la presenza di Maria Madre di Dio perché laddove domina l’incertezza, la paura e lo stordimento dell’anima, solo la carezza di una Madre può restituire sicurezza e pacificare il cuore. Possa il volto tenero e misericordioso della Madre di Dio incoraggiare ogni donna ad essere aperta alla vita, generandola fisicamente o spiritualmente, come avviene per quelle donne che non riescono ad avere figli o si consacrano nella verginità al servizio del regno di Cristo. Maria ci aiuti a comprendere che la maternità è sempre un aprirsi e aprire alla vita, e questo comporta un prezzo da pagare: se la vita è dono, allo stesso tempo è sacrificio e rinuncia, gioia ma anche sofferenza e dolore.

Maria ha vissuto la sua maternità nella totale fiducia in Dio, accettando, pur non comprendendo, che Gesù facesse il suo cammino, per lei irto di inquietudine. Con Gesù ha patitole incomprensioni dei discepoli, l’abbandono degli amici e finalmente il martirio della croce. Tutto però è stato ripagato dalla gioia della risurrezione.

La vita e la pace vanno insieme: per questo oggi la Chiesa ci invita a invocare dalla Madre di Dio il dono della pace per ogni cuore, per le famiglie, le comunità e il mondo intero. Madre in ascolto d’ogni figlio, Maria sussurra al cuore di ogni suo figlio: «Non avere paura. Non ci sono forse io che sono tua madre?»

+ mons. Giovanni D’Ercole, vescovo

Fonte: Foglietto “La Domenica”

Accogli, o Madre di Cristo, il grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Aiutaci con la potenza dello Spirito Santo a vincere ogni peccato: il peccato dell’uomo e il peccato del mondo, il peccato in ogni sua manifestazione.

– San Giovanni Paolo II

Categorie:Maria

Lo stile di Maria, la via dei pastori

gennaio 1, 2024 Lascia un commento

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Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella  mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.  I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre” dal vangelo secondo Luca, capitolo 2, vv. 16-21

Otto giorni dopo il Natale, la liturgia ne ripropone il messaggio suggerendoci due vie per viverlo in pienezza: lo stile di santa Maria e la via dei pastori.

Maria, maestra di fede e di stupore, ferma le cose, le rallenta, le fa parlare, medita su tutto ciò che stava accadendo e interroga in silenzio il volto di Gesù: meditava e custodiva nel cuore, dice Luca. Nel cuore, perché la storia di un figlio è scritta prima di tutto nel cuore di sua madre. Custodire è il verbo che salva il passato, che preserva la gratitudine, che fa della memoria un albero vivo di frutti, del cuore un archivio di grazia.

Allora anche noi ci prepariamo ad accogliere il presente e il futuro di Dio, oggi primo giorno dell’anno, il giorno più aperto del nostro calendario, custodendo e meditando le nostre annunciazioni, le nostre verginità riconquistate, il bene germinato in noi, le tenerezze ricevute, le oasi scoperte all’improvviso quando ci pareva di morire di sete nel deserto. Custodiamo e meditiamo, imparando a dire per il passato: grazie, e per il futuro: sì.

La seconda via è quella dei pastori, che se ne tornano lodando e ringraziando e testimoniando. Non basta vedere e meditare, è necessario celebrare e farlo insieme, testimoni gli uni per gli altri, profeti gli uni e per gli altri.

Fonte: “Avvento e Natale 2023/2024. Sussidio liturgico pastorale

Categorie:Riflessione